Pubblicare o non pubblicare: questo è il dilemma…
Caro amante della carta e della penna, oggi voglio raccontarti la mia personale esperienza nel mondo dell’editoria stampata e digitale. Prendi una sedia ed accomodati perché parleremo a lungo di case editrici, self publishing, editoria a pagamento e…di narcisimo!
Apprezzatemi adesso, eviterete la coda.” – Ashleigh Brilliant
Pubblicare è ciò che ognuno di noi, in fondo al cuore, mantiene, come profondissimo desiderio. Diciamoci la verità: ogni scrittore sogna più o meno apertamente di essere letto da qualcuno, fosse anche solo da quell’idiota che ci ha abbandonati in gioventù e dei difetti del quale riusciamo ancora ad impregnare uno o più dei nostri personaggi amati oppure odiati. Scriviamo perché abbiamo bisogno che qualcuno ci legga, ci riconosca, si immedesimi in noi, nelle nostre storie di carta. E come è possibile che ciò accada, se i nostri scritti rimangono dentro la memoria dei nostri pc?
Pubblicare non è solo difficile, sembra quasi una missione impossibile! O forse no? Certo, negli anni, l’editoria è cambiata: supporti digitali, pagine di carta riciclata, kindle ed app per la lettura su qualsiasi tipo di apparecchio meccanico, audio book, self publishing, editoria a pagamento, corsi e concorsi, letture di gruppo di testi inediti. Apparire non è poi così difficile, effettivamente ma, come ci insegnano i grandi maestri, l’apparenza non è tutto. Bisogna riuscire a lasciare il segno…
“Questa non è missione difficile, è missione impossibile. – Cit dal film Mission: Impossible II

Esistono moltissimi siti e blog più o meno autorevoli che contengono sterminati elenchi di case editrici, listate per tematica, per nome, per colore di copertine, per prezzo, per distribuzione e chi più ne ha più ne metta. Alcuni di questi sono molto autorevoli (ad esempio Writer’s Dream costantemente aggiornato grazie soprattutto ai commenti degli scrittori esordienti e alle loro esperienze dirette più o meno positive), così come esistono siti che tengono traccia di ogni concorso letterario che si svolga sotto questo italico cielo (come il sito www.concorsiletterari.it aggiornato con le scadenze ed i bandi, di mese in mese e che vi invito a consultare per poter avere una panoramica quanto più esauriente possibile sul variegato mondo dei concorsi letterari) e forse il problema è proprio questo: in un mondo sommerso dalla comunicazione, nel quale siamo circondati da scritti, virtuali e reali, com’è possibile che il nostro piccolo “figlio di carta” possa riuscire ad essere notato e pubblicato e magari a circolare, invece di rimanere a fare la polvere in qualche sconosciuto deposito?
Insomma, come diceva Mike A. Lancaster: “Penso che è quello che tutti vogliamo, alla fine.
Far sapere che abbiamo lasciato delle impronte quando siamo passati in questa terra, anche se brevemente. Noi vogliamo essere ricordati.”.
E’ dunque possibile scrivere, correggere, riscrivere, soffrire, rivedere, inviare, sperare e poi…Pubblicare, insomma lasciare il nostro segno, solleticando il nostro narcisimo, appagando quel desiderio profondo che abbiamo tutti di essere letti, visti, conosciuti, compresi, senza dover per forza impegnare la casa, la fede nuziale di nonna e qualcuno dei nostri organi? La risposta è sicuramente sì, ma il percorso può essere lungo e irto di ostacoli.
Potrebbe capitarti (come è successo a me) di scrivere qualcosa e di finire per innamorati della tua stessa creatura (incredibile, eh? Ogne scarafone è bell’ a mamma soja… Come cantava il grande Pino Daniele!), di sottoporla al giudizio serrato ed imparziale di qualche amico, di ricevere critiche positive e grandi incoraggiamenti ed ecco che parte quella spinta insaziabile, quel campanellino fastidioso che ci pungola ad andare avanti…Perché non provarci? Sarà poi così complicato trovare qualcuno che mi pubblichi?

Perché scrivere libri, si sa, è un mestiere e come tutti i mestieri, oltre ai colpi di genio, è l’applicazione ciò che può portare, passo dopo passo, alla vetta. Però è anche vero che se il mestiere del romanziere è proprio quello di “romanzare”, senza il mestiere dell’editore, il romanzo rimarrebbe una storia tramandata oralmente, come i grandi cicli dell’antichità. Ne sono sopravvissuti e giunti pochissimi fino a noi e, certamente, non saranno esistiti solamente Omero e Virgilio a dilettare greci e romani. Chissà quanti scrittori sono stati semplicemente dimenticati, travolti dal tempo e dalla storia e tutto perché non avevano trovato il giusto canale editoriale…
Premettendo, quindi, che saper scrivere e avere qualcosa da scrivere sono i fondamenti che regolano la costruzione di un buon libro, una volta ultimata la fatica non credete di poter stare con le mani in mano ad aspettare il successo… Bisogna pubblicare! Già, ma dove e con chi?
Caro amico scrittore, ecco i miei 3 suggerimenti per far sì che il tuo piccolo capolavoro possa venire alla luce anche fuori dallo schermo del tuo pc:

Self publishing
E’ sicuramente il metodo più rapido ed economico per poter vedere completata e vendere la tua opera. Self publishing, o self-publishing, significa letteralmente autopubblicazione. Autopubblicare un libro, o fare self publishing, è il modo di pubblicare un libro senza ricorrere ad un editore. Il self publishing si basa sulla presenza di un sito o piattaforma on line dove l’autore ha la possibilità di creare il proprio libro e poi di metterlo in vendita.
Le vendite avvengono attraverso internet e, in alcuni casi, possono prevedere il coinvolgimento di punti vendita tradizionali, come le librerie, che possono occuparsi di raccogliere gli ordini e poi di consegnare la copia ordinata al lettore. Il libro diventa una forma libera di espressione delle idee e della creatività delle persone. Non ci sono costi, se non quelli relativi alle copie che l’autore decide di acquistare per sé ed eventualmente per altri. E fin qui tutto bene; da un po’ di tempo è inoltre possibile, tramite alcune piattaforme (come, ad esempio, il mio libro) registrare un codice ISBN (il codice che consente l’ingresso del volume nel catalogo ufficiale di quanto pubblicato in Italia) in modalità “author’s publishing” senza quindi la necessità di ricorrere ad un editore. Il nostro libro è perciò un libro “vero” a tutti gli effetti.
Ma non è tutto oro quello che luccica. Infatti, a mio parere, il risvolto della medaglia c’è e si vede. A pubblicare qualcosa in autonomia sono buoni tutti, un po’ come quelle persone che se la cantano e se la suonano da sole. Ben altra cosa è affrontare la valutazione esterna e, si spera, scevra di pregiudizi di una casa editrice, di un occhio neutro che valuta pregi e difetti dell’opera e che decide di pubblicarla solo se la ritiene effettivamente meritevole di investirci sopra tempo, denaro e fatica. Inoltre, il mondo dell’editoria è ancora un mondo elitario. E’ molto difficile farsi notare in mezzo a un mare magnum di auto pubblicazioni e avete mai visto sui giornali, in TV oppure su radio e manifestazioni, varie pubblicità di libri auto pubblicati? Questo perché le case editrici, soprattutto quelle molto note, hanno un certo “lustro”, qualcosa che spinge i critici, i giornalisti ed i lettori a rivolgersi a loro, in primis, quando sono alla ricerca di un buon libro. Sicuri che il vostro capolavoro possa essere realmente notato, se a garantire per lui siete solo voi stessi ed i vostri amici?
Editoria a pagamento
Credo che non servano grosse spiegazioni in questo caso. Esistono moltissime case editrici che valutano manoscritti di scrittori esordienti e li pubblicano. Quello che viene richiesto da contratto, a fronte della stampa, pubblicazione, distribuzione del libro e attribuzione del codice ISBN al vostro scritto, è un contributo che può variare dalle centinaia di euro fino ad arrivare al migliaio, di seguito corrisposto o a sostegno delle spese di stampa, o attraverso l’acquisto obbligatorio di tot copie del romanzo stesso da parte dell’autore, che poi potrà rivenderle o regalarle, come meglio crede, oppure tramite il pagamento di uffici stampa, servizi di pubblicità o di diffusione a società terze che fanno comunque capo alla casa editrice proponente. Credetemi, ne ho incontrati di tutti i colori e le proposte sono state le più svariate. Non c’è nulla di male, a mio parere, a pubblicare a pagamento.
Ovviamente, se sognate di diventare ricchi vendendo i vostri libri, forse sarebbe il caso di farsi alcuni conti. Tecnicamente, anche se vendeste circa 300-500 copie (che per un libro scritto da un esordiente è un numero elevatissimo di pezzi, roba da farvi davvero i complimenti!), tra le percentuali (generalmente basse, tra il 5 e l’8%) sui guadagni e lo sconto sulle copie vendute a voi che poi rivendereste agli amici e ai parenti (ai quali, di solito, invece, il libro si regala…) non riuscireste nemmeno a rientrare dalle spese sostenute o, comunque, ragionando puramente sotto l’aspetto monetario, converrebbe di gran lunga il self publishing.
E allora? Io stessa ho pubblicato con case editrici a pagamento e non me ne vergogno. Spesso queste case editrici, rispetto ai grandi marchi noti, hanno tempi di risposta brevissimi e solleticano il narcisismo (e qui torniamo all’inizio di questo mio articolo volutamente provocatorio) che si nasconde, infido, nel cuore di ciascuno di noi, allettandolo con la promessa (effettivamente mantenuta) di una pubblicazione con copertina rigida, l’odore della carta stampata di fresco, la biografia, le immagini scelte da noi, l’ISBN e qualche servizio di editing, impaginazione e marketing, che noi, da soli, non potremmo probabilmente organizzare. In più, essendo la prima risposta giunta, magari via mail, ci assale subito il dubbio: “e se non dovessi riceverne altre? Se perdo questo treno ne passerà mai un altro?” Non ho risposte a queste domande, non possedendo ancora una sfera di cristallo.
Dopo anni di tentativi, esperienze, batoste, soldi spesi e libri venduti posso solo suggerire di leggere con attenzione i termini di questi accordi, soprattutto per quanto riguarda la durata della cessione dei diritti sulla propria opera e la proposta di distribuzione e marketing. I depositi sono pieni di libri stampati e invenduti, pronti per il riciclo della carta e tutti noi sappiamo che gli scaffali delle librerie sono zeppi di tomi che nessuno leggerà mai. Che sia stato pubblicato da noi o tramite una casa editrice, il punto fondamentale è che il libro abbia una buona distribuzione e perciò sia reperibile, acquistabile, ordinabile e distribuito in tutta Italia (se devo aspettare 10 giorni per riceverlo, probabilmente sceglierò di leggere altro, nel frattempo) e che, una volta distribuito, le persone siano avvisate ed invogliate ad acquistarlo.
L’organizzazione di eventi, la movimentazione di profili social, la stesura di articoli, le interviste su radio, web e tv, i video per istagram e facebook, i canali youtube, ogni cosa dovrebbe parlare del vostro libro, bisogna fare comunicazione attorno all’opera e all’autore. Se la casa editrice vi chiede un contributo ma non è disposta ad offrirvi un ufficio stampa di qualità, realmente sul pezzo e disponibile a lavorare in sinergia con l’autore, allora è meglio lasciar perdere. Provare per credere! E io, modestamente (e malauguratamente) l’ho provato…
Editoria non a pagamento (libera)
- Naturalmente è il non plus ultra. Avere qualcuno che legge il vostro scritto, lo apprezza, decide di crederci così tanto da assumersi il rischio imprenditoriale di editarlo, stamparlo (o comunque pubblicarlo in versione digitale) e di distribuirlo, pubblicizzandolo come si deve è il sogno nel cassetto di ognuno di noi.
Esistono moltissime case editrici che pubblicano in questa maniera; ovviamente sono sommerse dal numero di manoscritti ricevuti e, spesso e volentieri, hanno tempi di risposta più lunghi e scoraggianti, come nel caso dei grandi nomi nel nostro panorama letterario.
Esistono alcune case editrici di grosso calibro che accettano l’invio di manoscritti da autori emergenti solo in determinate finestre dell’anno, altre che specificano di non dare alcuna garanzia di lettura o di risposta. La maggior parte richiede un invio informatico del materiale, corredato da sinossi e biografia dell’autore, ma ce ne sono ancora altre, più “old style”, che preferiscono l’invio cartaceo del manoscritto (perciò, il mestiere di scrivere, è un mestiere sempre in perdita, poiché si inizia sin da subito a spendere – e vi assicuro che anche spedire un manoscritto di 100 pagine ha il suo prezzo non indifferente, soprattutto quando l’invio diventa multiplo). In genere, l’attesa per una risposta varia dai 3 agli 8 mesi, un tempo infinito, durante il quale il nostro ego rigurgiterà spesso e volentieri la fatidica domanda “Non era forse il caso di impiegare 400 euro e pubblicare il romanzo con la Casa Editrice X? Perché non ho accettato? Non si dovrebbe badare a spese quando si tratta di realizzare un sogno…”. Il mio narcisimo, almeno, funziona così, non so il vostro…
Caro collega, spero che questa rassegna di dis-avventure e riflessioni sul mondo delle case editrici possa averti spinto lungo strade soddisfacenti; di sicuro, mentre aspetti la prossima risposta, il consiglio è quello di scrivere una sinossi avvincente del tuo romanzo e una biografia interessante, che sappia catturare al primo sguardo. Perché spesso, alla fin fine, è più che altro una questione di fortuna.
Verso l’infinito e oltre!- Motto di Buzz Lightyear, dal film Toy Story
E se concordi con me, oppure no, se hai avuto altre esperienze oltre a questa mia minuscola carrellata di situazioni, beh, scrivi un commento qui sotto! Non si finisce mai di imparare e di condividere…

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